martedì 2 febbraio 2016

Eremiti di massa




"Qui non si tratta di enfatizzare o demonizzare le enormi potenzialità presenti e future dei mezzi di comunicazione, ma di capire come l’uomo profondamente si trasforma per effetto di questo potenziamento. Allo scopo è necessario far piazza pulita di quei luoghi comuni, per non dire idee arretrate, che fanno da tacita guida a quasi tutte le riflessioni sui media, e in particolare a quella persuasione secondo la quale l'uomo può usare le tecniche comunicative come qualcosa di neutrale rispetto alla sua natura, senza neppure il sospetto che la natura umana possa modificarsi proprio in base alle modalità con cui si declina tecnicamente nella comunicazione
L'uomo, infatti, non è qualcosa che prescinde dal modo con cui manipola il mondo, e trascurare questa relazione significa non rendersi conto che a trasformarsi non saranno solo i mezzi di comunicazione, ma l'uomo stesso. 

La radio, la televisione, il computer, il cellulare ci plasmano qualunque sia lo scopo per cui li impieghiamo. Una trasmissione televisiva edificante e una degradante, per diversi che siano gli scopi a cui tendono, hanno in comune, come osserva Anders (*) “il fatto che noi non vi prendiamo parte, ma ne consumiamo soltanto la sua immagine”  Il "mezzo", indipendentemente dallo "scopo", ci istituisce come spettatori e non come partecipi di un'esperienza o attori di un evento.

Questa condizione, che vale per la televisione, vale in maniera esponenziale per internet, dove il consumo in comune del mezzo non equivale a una reale esperienza comune.   (…) Lo scambio ha un andamento solipsistico dove, come vuole la metafora di Anders, un numero infinito di "eremiti di massa" comunicano le vedute del mondo quale appare dal loro eremo, separati l'uno dall'altro, chiusi nel loro guscio come i monaci di un tempo sui picchi delle alture, "non già per rinunciare al mondo, bensì per non perdere, per l'amor del cielo, nemmeno una briciola del mondo in effigie". 

E così, sotto la falsa rappresentazione di un computer personale (personal computer), ciò che si produce è sempre di più l’uomo di massa, e per generarlo non occorrono maree oceaniche ma oceaniche solitudini che, sotto l'apparente difesa del diritto all'individualità, producono, come lavoratori a domicilio, beni di massa e, come fruitori a domicilio, consumano gli stessi beni di massa che altre solitudini hanno prodotto."

(U. Galimberti, I miti del nostro tempo; (*) G. Anders, L'uomo è antiquato)

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