venerdì 22 maggio 2015

Questa mia anima dentro il cuore

La Chandogya Upanishad - la seconda di questo testo - ha una prima parte di difficile lettura, almeno per me: il nome, Chandogya, significa circa "Upanishad del cantore di melodie", e la prima parte è appunto una sequenza di "melodie" che per me tanto melodiche come contenuto non sono. Nel leggere mi chiedevo: ma Schopenhauer cosa pensava, leggendo parti come queste? Ecco perché leggeva le Upanishad prima di addormentarsi!
Poi, al quattordicesimo paragrafo del terzo capitolo, ecco che lo vedo, Schopenhauer, assai sveglio e interessato.

"L'uomo, in verità, consiste di volontà. E l'uomo, come è la volontà che possiede in questo mondo, così diventa dopo la morte. Bisogna badare alla volontà.
Costituita d'intelletto, con il soffio vitale per corpo, la luce per aspetto, la verità per oggetto del pensiero, lo spazio etereo per essenza,
fonte di ogni attività, d'ogni desiderio, d'ogni odore, d'ogni sapore, comprendente tutto l'universo, muta, indifferente,
questa mia anima dentro il cuore è più piccola d'un grano di riso o d'orzo o di sesamo o di miglio o del nucleo d'un grano di miglio,
questa mia anima dentro il cuore è più grande della terra, più grande dello spazio atmosferico, più grande del cielo, più grande dei mondi.
Fonte d'ogni attività, d'ogni desiderio, d'ogni odore, d'ogni sapore, comprendente tutto l'universo, muta, indifferente, questa è la mia anima dentro il cuore, questo è l'Essere.
Non c'è più dubbio per colui che pensa: - Uscito da questo mondo, lo raggiungerò."


(Chandogya Upanishad, 3° cap. 14° par., Upanishad vediche, Tea 1988, p. 151)

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