venerdì 15 maggio 2015

Bene, può andare: lei ha superato tutte le angosce del cuore.

"Quando a lui sembra di essere ucciso, di essere soggiogato, o gli sembra di essere inseguito da un elefante o di cadere in una fossa, quel terrore che prova nello stato di veglia s'immagina di provare anche ora nel sogno. 

Ma lo stato in cui, simile a un dio, simile a un re, pensa di essere questo universo, di essere il tutto, questo stato di sonno profondo è per lui il mondo supremo.

In questa condizione per lui ogni desiderio è superato, ogni male respinto, ogni paura scomparsa. Come l'uomo avvinto alla donna amata non ha più coscienza di ciò che è esterno e di ciò che è interno.


Allora il padre non è più padre, la madre non è più madre, i mondi non sono più mondi, gli dei non sono più dei, il ladro non è più ladro, chi fa abortire non è più infanticida, il servo non è più servo, l'intoccabile non è più intoccabile, il monaco non è più monaco, l'asceta non è più asceta.

Egli non è toccato da azioni buone, non è toccato da azioni malvage: ha superato tutte le angosce del cuore."


Il sogno, dice il sapiente dell'Upanishad, porta con sé le cose vissute e viste nella veglia, desideri e paure che da lì vengono. Il "creatore" frammenta, unisce, distrugge e costruisce gli elementi del mondo della veglia, che "tutto contiene", ma non è nel sogno che l'essere umano vive la pace profonda dell'assenza di ogni distinzione, il puro esserci.

Esperienza reale, questa della pace profonda, dell'assenza di pensiero separante, contabile e giudice, con tutti i desideri e le angosce da cui emerge e produce?

Sì, secondo il sapiente: non è un'invenzione, non è una una fantasticheria, non è un artefatto del pensiero linguistico, bensì percezione e memoria di stati psichici di avvicinamento in entrata e di allontanamento in uscita, per cui possiamo ricordare fino a un certo punto prima di diventare inconsapevoli e da un certo punto subito dopo, e possiamo pensare, avere conoscenza approssimativa e inevitabilmente ipotetica di quei momenti di inconsapevolezza in cui ci siamo infine persi e ritrovati subito dopo - per esempio, dice il sapiente della Upanishad, le volte in cui l'unione amorosa raggiunge coinvolgimento e profondità tali da farci vivere uno stato di estasi - per esempio, da svegli nella quiete profonda, così come, dice ancora il sapiente, nel sonno senza sogni - per esempio, dice Schopenhauer innamorato delle Upanishad, in quei momenti di puro godimento estestico in cui ci incantiamo davanti ad una qualsiasi realtà adeguata a richiamare questa nostra possibilità psichica in cui soggetto e mondo si fondono in un indistinto, unico essere.


(Brhadaranyaka Upanishad, 4° cap. 3° par., Upanishad vediche, Tea 1988, p. 72)

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