domenica 23 novembre 2014

Schopenhauer: genesi della crudeltà

"L'uomo paragona sempre l'effettivo appagamento della sua volontà con quello, solamente possibile, che la conoscenza gli pone davanti agli occhi. Da ciò nasce l'invidia: ogni privazione viene infinitamente esasperata dall'altrui godimento, e sollevata dal sapere che anche altri patiscono la privazione medesima.

I mali a tutti comuni, e dalla umana vita inseparabili, poco ci turbano: e similmente quelli che al clima, al paese tutto appartengono. Il ricordo di mali maggiori, che non siano i nostri, placa il dolore di questi: attenua i nostri la vista dei dolori altrui. 


Ora, un uomo preso da un estremo impeto della volontà, con ardente cupidigia vorrebbe tutto abbracciare per spegnere la sete dell'egoismo; ma intanto, com'è fatale, deve sperimentare che ogni appagamento è illusorio, né il bene conseguito mai corrisponde a ciò che il bene desiderato prometteva, ossia il definitivo cessare della rabbiosa sete; perché invece il desiderio con l'appagamento non fa che mutar di forma, e in forma nuova torturare ancora; anzi da ultimo, quando tutte le forme sono esaurite, la sete della volontà pur senza aspirazione consapevole permane, manifestandosi come sentimento della più atroce desolazione e del vuoto universale.

Tutto questo, che nei gradi ordinari della volontà produce un grado ordinario di turbamento dell'animo, invece in colui che è fenomeno della volontà spinto fino all'aperta cattiveria sviluppa  un'estrema tortura intima, eterna inquietudine, insanabile dolore. Allora costui cerca in modo indiretto quel sollievo che non può raggiungere in modo diretto, ossia cerca di lenire il male suo con la vista dell'altrui, che egli in pari tempo vede come una manifestazione della propria forza. Altrui dolore gli diviene scopo in se stesso, è uno spettacolo nel quale egli esulta: e così nasce il fenomeno della vera e propria crudeltà, della sete di sangue, che la storia tanto spesso ci mostra."


(Schopenhauer, Il mondo)

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