martedì 18 novembre 2014

Mutazioni

"Dobbiamo confessare che il nostro operaio esce dal processo produttivo differente da quando vi era entrato. Sul mercato si era presentato come proprietario della merce «forza-lavoro» di fronte ad altri proprietari di merci, proprietario di merce di fronte a proprietario di merce. Il contratto per mezzo del quale aveva venduto al capitalista la propria forza-lavoro dimostrava, per così dire, nero sul bianco, che egli disponeva liberamente di se stesso. 
Concluso l’affare, si scopre che egli  non era un libero agente, che il tempo per il quale egli può liberamente vendere la propria forza-lavoro è il tempo per il quale egli è costretto a venderla, che in realtà il suo vampiro non lascia la presa « finché c’è un muscolo, un tendine, una goccia di sangue da sfruttare».  A «protezione» contro il serpente dei loro tormenti, gli operai debbono assembrare le loro teste e ottenere a viva forza, come classe, una legge di Stato, una barriera sociale potentissima, che impedisca a loro stessi di vender sé e la loro schiatta alla morte e alla schiavitù, per mezzo di un volontario contratto con il capitale. 
Al pomposo catalogo dei «diritti inalienabili dell’uomo» subentra la modesta Magna Charta di una giornata lavorativa limitata dalla legge, la quale «chiarisce finalmente quando finisce il tempo venduto dall’operaio e quando comincia il tempo che appartiene all’operaio stesso». Quantum mutatus ab illo!"

(Marx, Il capitale)

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