giovedì 20 novembre 2014

L'ampio abisso

"Se un uomo, non appena ne abbia l'occasione e nessun potere esterno lo trattenga, è sempre incline a commettere ingiustizia, non solo afferma la volontà di vivere quale essa si manifesta nel suo corpo, ma in questa affermazione va tanto oltre da negare la volontà che si manifesta in altri individui. 
Egli pretende di piegare le forze degli altri al servizio della propria volontà, e cerca di sopprimere la loro esistenza quando si oppongono alle aspirazioni della sua volontà.  

Di ciò è sorgente prima un alto grado di egoismo, in cui due cose sono subito palesi: primo, che in un tale uomo si esprime una volontà di vivere estremamente impetuosa, oltrepassante di gran lunga l'affermazione del suo proprio corpo; secondo, che la conoscenza di lui, tutta presa dal principio di ragione e prigioniera della individualità separata, rimane attaccata alla distinzione assoluta tra la sua persona e tutte le altre. Perciò egli cerca solo il proprio benessere, affatto indifferente a quello di tutti gli altri, il cui essere è a lui del tutto estraneo, separato dal suo mediante un ampio abisso: vede gli altri come larve senza realtà. E codeste due note sono gli elementi fondamentali del carattere malvagio."

(Schopenhauer, Il mondo)
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Qui Schopenhauer analizza la malvagità evidenziando i due aspetti che ritiene fondamentali: l'intensità della volontà e l'assetto cognitivo, caratterizzato dall'ampio abisso che separa il malvagio dagli altri, percepiti come larve senza realtà.
In questo quadro analitico mi sembra difficoltoso inserire la certezza fiduciosa espressa da Schopenhauer quando attribuisce anche agli uomini più malvagi un sentimento di rimorso per il male fatto ad altri esseri umani. Rimorso per aver fatto del male a chi? A delle larve senza realtà?
Accettare che la complessità psichica possa essere perduta, che ne resti solo capacità tecnica di manipolazione sociale, fredda esecuzione di delitti a proprio vantaggio o divertimento, senza il minimo "rimorso", è difficile, anche per un "pessimista" come Schopenhauer, che chiude gli occhi e getta un ponte sull'ampio abisso.

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