mercoledì 22 ottobre 2014

Questo limpido prospettare

"L'intelletto apprende le risoluzioni della volontà inconscia solo a posteriori, in maniera empirica, e non ha, al momento di scegliere, nessun dato per saper ciò che la volontà inconscia deciderà. 
Non entra nella conoscenza dell'intelletto il carattere inconscio della volontà, in virtù del quale, dati questi o quei motivi, una sola decisione è possibile, e perciò necessaria; ma soltanto il carattere empirico individuale gli diviene noto a grado a grado, per i suoi singoli atti. 

Sembra perciò alla consapevolezza dell'intelletto che, in un dato caso, siano possibili due opposte risoluzioni in pari modo. Invece è come se davanti a una sbarra fissata verticalmente ma scossa nel suo equilibrio e oscillante si dicesse che «può abbattersi a destra o a sinistra»; il qual «può» non ha tuttavia che un valore soggettivo, e in verità vuol dire: «secondo i dati che a noi constano»; mentre oggettivamente è la caduta già in modo necessario determinata, non appena ha principio l'oscillazione. Similmente la decisione della propria volontà è indeterminata solo per il suo osservatore, e quindi relativa e soggettiva; mentre in se stessa e oggettivamente, ad ogni scelta che si offra, la decisione è già determinata e necessaria. Ma codesta determinazione non sale alla coscienza, se non con la decisione che ne deriva.

Ne abbiamo una prova empirica, quando ci sta davanti una scelta difficile e importante, e tuttavia soggetta a una condizione che noi speriamo, ma che non s'è ancora avverata; sì che lì per lì non possiamo far nulla, e dobbiamo attendere passivamente.


Allora prendiamo a riflettere quale sarà la nostra decisione, quando si saranno presentate le circostanze che ci permettano libera azione e scelta d'un partito. Il più sovente a favore dell'uno parla più forte la lungi veggente, ragionevole riflessione; ed a favor dell'altro la spontanea inclinazione. 


Fino a quando noi, costretti, restiamo passivi, sembra che la parte della ragione abbia il sopravvento; ma già prevediamo con qual violenza l'altra parte ci tirerà, non appena sarà venuto il momento d'agire. Fino allora ci siamo affaticati, con fredda meditazione del pro e contro, a porre nella miglior luce i motivi dell'una e dell'altra parte, affinchè ciascuno possa agire con tutta la sua forza sulla volontà, quando sarà il momento, e un errore da parte dell'intelletto non abbia per avventura a disviare la volontà, facendo che ella si risolva altrimenti da come si risolverebbe quando tutto vi avesse egualmente influito. 


Ma questo limpido prospettare i contrastanti motivi è tutto ciò che l'intelletto può fare per la scelta. La scelta vera esso l'attende con la medesima passività, con la medesima curiosità intenta, come se attendesse quella d'una volontà estranea. Ben possono a lui, dal suo punto di vista, entrambe le risoluzioni apparire come egualmente possibili: questa è appunto l'illusione dell'empirica libertà del volere. Che in modo affatto empirico entra la risoluzione, come un tratto finale, nella sfera dell'intelletto; tuttavia essa proviene dalla natura intima, dal carattere inconscio della volontà individuale nel suo conflitto con certi dati motivi; e quindi ha forza d'assoluta necessità. 


In ciò l'intelletto non può fare altro che lumeggiar da ogni parte e ben chiaro la natura dei motivi, ma non già determinare la volontà inconscia medesima; essendo questa a lui inaccessibile, anzi, insondabile."

(Schopenhauer, Il mondo)

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