venerdì 24 ottobre 2014

La teoria delle pulsioni

"Manifestazione del carattere è l'azione; il carattere si manifesta per motivi che agiscono tramite la conoscenza. Ma la conoscenza è mutevole, spesso oscilla tra errore e verità, sebbene di regola venga sempre più a rettificarsi  col proceder della vita. Perciò è possibile che la condotta di un uomo venga osservabilmente cambiata senza che si possa inferirne un cambiamento del suo carattere. 
Quel che l'uomo veramente e genericamente vuole, l'aspirazione del suo più intimo essere e la meta a cui seguendo quell'aspirazione egli è diretto, tutto ciò non possiamo mai modificare né con influenze esteriori né con ammonimenti: per riuscirvi, dovremmo rifarlo di sana pianta.

Seneca dice benissimo: velle non discitur, non s'impara a volere, mostrando con ciò di anteporre la verità ai suoi cari Stoici, che dicevano che la virtù può essere imparata.
Dall'esterno si può influire sulla Volontà solo mediante motivi. Ma questi non posson mai mutare la Volontà medesima: il lor potere si riduce a modificare la strada della sua aspirazione, ossia a far ch'ella cerchi per un'altra via quel che immutabilmente s'è proposto. 

Ammonimenti, o più retta conoscenza, insomma tutti gli influssi esteriori, possono bensì avvertirla d'aver sbagliato nei mezzi, e  far ch'ella persegua per tutt'altra via, o addirittura in tutt'altro oggetto, il medesimo scopo a cui già mirava secondo la propria intima natura: ma non posson mai fare ch'ella voglia davvero cosa diversa da quella fino allora voluta, la quale rimane immutabile, essendo per l'appunto tutt'uno con quella Volontà medesima, che altrimenti dovrebbe esser soppressa. 

Invece la mutevolezza della conoscenza, e quindi della condotta, va tanto oltre che la Volontà si sforza di raggiungere il suo scopo immutabile, per esempio il paradiso di Maometto, ora nella vita reale, ora in un mondo immaginario, disponendo a ciò i mezzi opportuni, e quindi nel primo caso adoprando astuzia, violenza e inganno, nel secondo astinenza, giustizia, elemosina, pellegrinaggio alla Mecca. Ma per questo non è mutata la sua aspirazione, e tanto meno egli stesso. Quindi, anche se il suo operare può esser molto diverso in diverse epoche, è il suo volere tuttavia rimasto il medesimo. Velle non discitur."


(Schopenhauer, Il mondo)
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E questa è, per grandi linee, la teoria freudiana delle pulsioni.
Freud le considerava la manifestazione psichica del tendere corporeo verso la vita e la propria realizzazione - le pulsioni, diceva, si situano concettualmente tra corporeo e psichico, e mostrano nell'uomo una minore rigidità degli istinti negli animali ma restano una forza costante che tende al raggiungimento della sua meta. Distinte teoricamente in un primo momento in autoconservative e sessuali, a queste pulsioni tendenti alla vita Freud aggiunse in "Al di là del principio del piacere", pulsioni che tendono alla morte (al ritorno allo stato inorganico - principio di costanza, dello stato di quiete turbato dalla vita) che farebbero parte della "Volontà" umana. Solo la fusione con Eros (autoconservazione e sessualità) permetterebbe a Thanatos di non annientare  la vita materialmente o psichicamente in una eterna coazione a ripetere.

Schopenhauer si era fermato alle pulsioni di autoconservazione e sessuali (la Volontà di vivere), considerando sufficiente il dominio dell'egoismo individuale umano, basato sulla negazione di fatto della coesistenza degli altri esseri umani e degli animali (usati come oggetti inanimati che possono essere sfruttati, torturati e uccisi), a comprendere le devastazioni di cui è capace l'essere umano.
Un egoismo, quello di Schopenhauer, anzitutto cognitivo: gli altri non esistono, o al più sono "pallidi fantasmi". Poi, tutto è possibile.

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