domenica 21 settembre 2014

Infinitamente più noto

"Finora si assumeva il concetto di volontà sotto quello di forza: io faccio il contrario, e voglio che ogni forza della natura sia pensata come volontà.

Non si creda che questa sia una logomachia, o una questione indifferente; perché anzi è di altissima significazione ed importanza. Infatti, a base del concetto di forza sta la conoscenza intuitiva del mondo oggettivo, ossia il fenomeno, la rappresentazione, ricavata cioè dal territorio in cui imperano causa ed effetto, ed indica il punto in cui la causa non è più oltre spiegabile. 


Viceversa, il concetto di volontà è l'unico fra tutti i concetti possibili che non abbia la propria origine nel fenomeno, non nella semplice rappresentazione intuitiva, ma derivi dall'intimo, dalla coscienza immediata di ciascuno; nella qual coscienza ciascuno contemporaneamente conosce ed insieme è il suo proprio individuo, nella sua essenza, immediatamente, senz'alcuna forma, neppur quella di soggetto ed oggetto: perché qui il conoscente e il conosciuto coincidono.


Se riportiamo quindi il concetto di forza a quello di volontà, abbiamo effettivamente ricondotto un'incognita ad un quid infinitamente più noto, anzi, all'unico che a noi sia davvero direttamente e compiutamente noto; e la nostra conoscenza ne viene grandemente, allargata."


(Schopenhauer, Il mondo)
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logomachìa s. f. [dal gr. λογομαχία, comp. di λογο- «logo-» e -μαχία «-machia»]. – Propr., disputa, questione sull’uso e il valore delle parole, o che verte sulle parole più che sui fatti. Nell’uso odierno, disputa vana, sofistica, inconcludente, seppure aspra; anche, sinon. scherz. di polemica.

lògos s. m. [traslitt. del gr. λόγος, che è dal tema di λέγω «dire», con vocalismo o]. – Nel pensiero greco, il termine indica la «parola» come si articola nel discorso, quindi anche il «pensiero» che si esprime attraverso la parola.

-machìa [dal gr. -μαχία, der. di μάχομαι «combattere»]. – Secondo elemento di parole composte derivate dal greco (quali naumachia, tauromachia, titanomachia), in cui significa «battaglia, combattimento».
 
(Treccani.it)





















Strano, no?
Una cosa infinitamente più nota di quello che indichiamo col nome di forza, in prima battuta di parola Schopenhauer la chiama "quid". Come, così tanto nota, e senza nome?
Per questo quid, di cui abbiamo conoscenza immediata, diretta - il massimo della conoscenza possibile - guarda un po', in prima approssimazione uno come Schopenhauer non trova nome - poi ci pensa e si risolve per il nome "volontà", esponendosi al rischio di essere continuamente frainteso per l'uso comune di questa parola.
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La Via che ha un nome
non è la vera Via,
il nome che può essere nominato
non è il vero nome.
Senza nome è il principio
del Cielo e della Terra,
quando ha nome è la madre
delle diecimila creature.


(Tao Te King)
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Forse vale non solo per il Tao, la Via, o il "quid" di Schopenhauer poi detto Volontà.
Quando si comincia a parlare, si comincia a sbagliare


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