mercoledì 30 luglio 2014

La morte di chi?



“Forse ognuno nel più profondo del suo io avvertirà di tanto in tanto la consapevolezza che per lui sarebbe adeguata e gli competerebbe un tipo di esistenza del tutto diverso da questa, così indicibilmente miserevole, temporale, individuale, oppressa da continue miserie; e, allora, penserà che la morte potrebbe ad essa ricondurlo.”

(Schopenhauer, Parerga)
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Una versione discorsiva di quel movimento psichico che, se intensamente repulsivo del qui ed ora e fortemente orientato al ritorno ad uno stato di quiete che precede la nascita, è stato definito dalla psicoanalisi "istinto di morte". 

la morte potrebbe ad essa ricondurlo

la morte di chi? se è la mia, dipende da quando il movimento "contro" si arresta, frenato dal piacere di vivere - spesso può essere salutare, per esempio, un movimento di allontanamento dalla realtà quanto basta per vederla meglio - oppure, sempre in senso salutare, posso aggredire un me stesso che ho imparato a riconoscere come stolto, ingenuo, falso, cieco, violento - per vedere meglio, per sentire meglio, per vivere meglio, mi serve proprio quel movimento inizialmente "contro".
I problemi psichici e comportamentali cominciano quando la morte - senza freno correttivo, cosa che in questo caso diventa più probabile - è quella della realtà esterna, delle cose e di come stanno le cose, e soprattutto degli altri - li faccio fuori per tornare alla pace di un prima che comparissero, e anche se non lo faccio fisicamente, trovo il modo di farlo in fantasia, per cui la conoscenza delle cose, di come stanno, la conoscenza degli altri, il rapporto con loro, va a perdersi, e diventano possibili comportamenti di indifferente violenza distruttiva che immediatamente corrispondono all'espressione verbale "istinto di morte".


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