venerdì 23 maggio 2014

Alleviare il dolore e procrastinare la morte, ogni giorno


Per Galimberti, Freud ha evidenziato la funzione delle religioni: quella delle "illusioni di salvezza". Ma, secondo Galimberti, anche Freud si è inserito in una dimensione salvifica, considerando malattia quella che altri uomini più coraggiosi e veritieri hanno invece valutato come condizione ineliminabile dell'esistenza.

Scrive Galimberti: "Freud riconosce la scoperta di Schopenhauer: <<Probabilmente pochissimi uomini hanno compreso che ammettere l'esistenza di processi psichici inconsci significa compiere un passo denso di conseguenze per la scienza e per la vita. Affrettiamoci comunque ad aggiungere che un tale passo la psicoanalisi non l'ha compiuto per prima. Molti filosofi possono essere citati come precursori, e sopra tutti Schopenhauer, la cui <volontà> inconscia può essere equiparata alle pulsioni psichiche di cui parla la psicoanalisi. Si tratta del resto dello stesso pensatore che, con enfasi indimenticabile, ha anche rammentato agli uomini l'importanza misconosciuta delle loro aspirazioni sessuali.>> (...) A Freud non sfugge l'importanza di Schopenhauer quale precursore della psicoanalisi. Gli sfugge però che la differenza non sta nella dimostrazione dell'intuizione del filosofo con il materiale clinico, bensì nella sua lettura clinica della sofferenza, la quale, proprio in virtù di questa lettura, non è più, come per Schopenhauer, condizione imprescindibile dell'esistenza, ma, ottimisticamente, malattia da cui si può guarire. Il riconoscimento di Freud tende ad abolire una distanza che rimane abissale e ricopre la verità con un'altra maschera: la maschera della guarigione e della salute per quanti non hanno il coraggio del tragico."  

(U. Galimberti, La casa di Psiche, Feltrinelli)

----------------------------

1 - Sono tanti quelli che ho sentito affermare: "Non è stato Freud a scoprire i processi inconsci" ignorando i riconoscimenti fatti dallo stesso Freud e denunciando così la propria sciocca presunzione.

2 - Gli psicoanalisti non sono scemi e non confondono la fatica di vivere, la cosiddetta angoscia esistenziale, con l'angoscia nevrotica, e si rimboccano le maniche solo in questi secondi casi tentando di alleviare le sofferenze provenienti da storie in cui la violenza di altri esseri umani ha travalicato di molto l'impatto inevitabile con l'impermanenza della vita e i suoi intrinseci dolori.

Tuttavia, Galimberti insiste: la psicoanalisi, per il suo stesso approccio curativo, si pone nella scia dell'assetto mentale salvifico delle religioni. Capisco quello che dice, e lo ritengo vero per la psicoanalisi o la psichiatria onnipotenti: non si può medicalizzare la consapevolezza dell'impermanenza, o dell'inevitabilità dell'invecchiamento, o della possibilità di ammalare, o il dolore vitale per la separazione da persone che amiamo.
Ma l'assetto mentale che conosce i limiti entro i quali possiamo vivere e pensare senza svilire la nostra intelligenza con cieche illusioni prevede tuttavia, come lo stesso Galimberti ha evidenziato, "... virtù e conoscenza per alleviare il dolore e procrastinare la morte... in omaggio alla vita che, nel suo limite, per il Greco non è <valle di lacrime> ma bellezza."   
Procrastinare la morte è tipico della medicina fisica, ma non è evento estraneo alla psicoterapia. Non solo: ogni rapporto autentico, sincero, senza droghe di nessun tipo, né fisiche né psichiche, è capace di alleviare il dolore e procrastinare la morte, evitando che la morte psichica avvenga prima di quella fisica.

Nessun commento:

Posta un commento