giovedì 12 settembre 2013

Chi guarda?


Sembra che la gatta guardi chi guarda la foto.  E' difficile contrastare questa percezione, di sguardo della gatta che avviene nel momento in cui è il nostro sguardo che sta avvenendo, solo il nostro sguardo, e sta mettendo a fuoco una foto, non una gatta che guarda.
Lo sguardo della gatta è avvenuto nel momento in cui ho scattato la foto. Non ci stavamo guardando: lei guardava verso di me, verso il mio viso, ma il fuoco del suo sguardo era l'obiettivo della fotocamera appoggiata al mio viso, mentre io la vedevo attraverso i riflessi degli specchi della reflex.
Questo accade in molte foto-ritratto con sguardo diretto: sembra che la persona ci stia guardando, invece stava guardando verso la fotocamera, e molto spesso non vedeva gli occhi del fotografo. In quasi tutte le foto-ritratto, cioè, lo sguardo non è esattamente quello che quella persona, o quell'animale, riserva al fotografo quando non c'è di mezzo la fotocamera. E' una banalità, questa che ho pensato e scritto: lo sanno tutti che fare un ritratto spontaneo, naturale, di una persona che ti sta guardando è difficile, poiché il fatto stesso di posare per una foto rischia di togliere qualcosa alla vivezza dello sguardo e dell'espressione generale della persona fotografata.
Comunque, insisto: la gatta non sta guardando te che guardi la foto, anche se ti sembra così. E non stava guardando nemmeno me che le scattavo la foto - non lo sguardo che può avere quando semplicemente ci guardiamo negli occhi. E questo vale per la maggior parte dei ritratti.
L'umano, a differenza del gatto, sa cosa sta avvenendo quando posa per un ritratto con sguardo diretto. Per cui, forse, guarda chi poi guarderà la foto. Siamo complessi, siamo capaci di cose così. Ma sta guardando uno strumento, le lenti di un obiettivo.

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