domenica 25 agosto 2013

Cuore re


"... come è mai possibile che il bene e il male di un altro muovano direttamente il mio volere, diventino dunque direttamente il motivo mio, e talvolta fino al punto da posporre il mio proprio bene o male?"

"Evidentemente, soltanto perché quell'altro diventa l'ultimo fine della mia volontà, esattamente come di solito lo sono io stesso: dunque perché direttamente voglio il bene suo e non voglio il male suo, così direttamente come di solito faccio soltanto con il mio. Ma ciò presuppone necessariamente che al suo male io soffra con lui, senta il male suo come di solito sento il mio... Ciò esige però che in qualche modo io mi identifichi con lui, vale a dire che tutta la differenza tra me e quell'altro, sul quale poggia proprio il mio egoismo, sia, almeno fino a un certo punto, annullata."

Ma io non sono l'altro, posso identificarmi con lui solo nell'immaginazione, "nella rappresentazione di lui nel mio cervello, e posso identificarmi fino al punto in cui la mia azione annunci la scomparsa di quella differenza." Allora, sto agendo per lui come solitamente agisco per me stesso, e la differenza tra me stesso e gli altri non è più quel "baratro" dal di qua del quale vedo gli altri come "fantasmi".

E', scrive Schopenhauer, ciò che avviene nella vera "compassione", cioè l'immediata e genuina partecipazione al bene e al male dell'altro, e azione in suo favore. Solo questa è la base per la "giustizia spontanea" e un vero amore per un altro da noi.

"Certo, questo avvenimento è stupefacente, anzi misterioso. Noi vediamo annullato in questo avvenimento il tramezzo che separa un essere umano dall'altro e vediamo che il non-io è in certo qual modo diventato l'io."

(A. Schopenhauer, Il fondamento della morale)

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