giovedì 25 luglio 2013

La notte di carnevale


"Ricordiamo che il piacere estetico per il bello per gran parte consiste nel fatto che noi, entrando nello stato di pura contemplazione, siamo momentaneamente esentati da ogni volizione, cioè da tutti i desideri e le preoccupazioni, ci liberiamo quasi di noi stessi; non siamo più l'individuo che conosce allo scopo del suo continuo volere per cui gli oggetti diventano motivi. Sappiamo che questi momenti in cui noi, liberati dall'implacabile impulso della volontà, per così dire emergiamo dalla pesante atmosfera terrestre, sono i più felici a noi conosciuti: da ciò possiamo dedurre quanto beata dev'essere la vita di un uomo la cui volontà non sia placata per attimi, come nel godimento del bello, ma per sempre, sia anzi completamente estinta, eccetto l'ultima brillante scintilla che mantiene il corpo e con esso si estinguerà. Un tale uomo resta per sempre un essere puramente conoscente, un limpido specchio del mondo: nulla lo può più angosciare, nulla lo può più commuovere, poiché egli ha reciso tutti i mille fili del volere che ci tengono legati al mondo e ci trascinano di qua e di là con dolore costante sotto forma di brama, timore, invidia, ira. Egli ora, tranquillamente e sorridendo, volge indietro lo sguardo alle immagini illusorie di questo mondo che furono un tempo capaci di commuovere e tormentare anche il suo animo, ma che adesso gli stanno davanti indifferenti come pezzi di scacchi a fine partita oppure come i vestiti da maschera di cui ci si è sbarazzati la mattina e le cui forme ci avevano preso in giro e inquietato nella notte di carnevale."

(A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione)


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