giovedì 25 luglio 2013

La falsa volpe


Una soluzione agli affanni e ai dolori della vita è, secondo Schopenhauer, quella proposta dai "santi" che sono esistiti in varie parti del mondo e che hanno lasciato le loro memorie, o dei quali sappiamo sulla base dei racconti delle loro vite fatte da chi li ha conosciuti.
Se volete capire la mia formulazione "rinuncia alla volontà di vivere", scrive, andate a leggervi queste biografie, cercate di entrare in quelle vite, assorbirle, capire cosa hanno voluto dire con la loro stessa vita, più che con le loro parole. Anche se queste biografie sono spesso scritte piuttosto male, scrive Schopenhauer, è questo il modo migliore, forse l'unico, per capire qualcosa che è molto difficilmente dicibile, e deve essere compreso con un atto di intuizione e immedesimazione.
E tenete conto del fatto che questi "santi", pur in modi anche molto diversi, con parole di culture molto diverse, con o senza la presenza di un dio nelle loro menti, hanno infine detto fondamentalmente la stessa cosa: questa cosa Schopenhauer la intitola "rinuncia alla volontà di vivere". Così accade che Buddha e Cristo, i mistici occidentali e quelli orientali, e qualsiasi "santo" nel mondo, sono accumunati da Schopenhauer in un solo messaggio all'umanità: se vuoi raggiungere in modo continuo uno stato di pace interiore, devi costantemente praticare la "rinuncia alla volontà di vivere".

Noi, scrive, già lo conosciamo questo stato di pace, di benessere totale: quando ci incantiamo davanti a qualche oggetto del mondo che ci cattura e ci porta al di là di ogni condizionamento, preoccupazione, volontà, al di là di ogni catena causa-effetto, al di là di ogni pensiero di utilità pratica di quell'oggetto o del nostro stato mentale. In quei momenti, noi siamo pura conoscenza, puri osservatori del mondo, pura volontà senza oggetto. Ebbene, scrive Schopenhauer, le vite dei "santi" ci dicono che questo stato di pace in una pura contemplazione del mondo può essere dilatato, può diventare lo stato d'animo continuo, continuamente cercato e da queste persone eccezionali continuamente raggiunto, e noi, anche se non siamo loro, possiamo fare qualcosa di più per aumentare la nostra dose di pace in questa vita, lasciandoci orientare dalla lettura delle vite dei "santi" verso la "rinuncia alla volontà di vivere".

Mi torna quella difficoltà di comprensione che avevo già provato quando osservavo che Schopenhauer avrebbe potuto usare il termine Volontà al maiuscolo per evitare le inevitabili confusioni con le varie volontà umane, quelle che ci portano a fare questo o quello quotidianamente o, per le decisioni più importanti, nel corso della nostra vita. In tedesco il termine è probabilmente sempre scritto in maiuscolo, per cui la differenziazione implicherebbe l'uso di un aggettivo, o un qualsiasi altro segno, che differenziasse la Volontà dalla volontà.
In quest'ultima parte del suo libro Schopenhauer è andato sostituendo la Volontà con la Volontà di vivere, e l'imprecisione del suo dire aumenta. Rinuncia alla volontà di vivere? Infatti è costretto a precisare: non dico mica che uno si lascia morire o si uccide, anche se alcuni "santi" lo hanno fatto.

Caro Schopenhauer,
lo avevamo capito, che non intendevi dire che è meglio lasciarsi morire o uccidersi quando scrivi "rinuncia alla volontà di vivere": è chiaro che non ce l'hai con la volontà di vivere, ma con la volontà di potenza individuale che se ne frega degli altri, li usa come oggetti, vuole dominare, sfruttare, e se trova ostacoli usa ogni mezzo per toglierli di mezzo. Ce l'hai, per dirla con altre parole, con il desiderio che si trasforma in brama ossessiva e diventa una dannazione di sé e di chi è bramato e di tutti quelli che fossero di ostacolo. Tutte le tue analisi della malvagità umana lasciano capire che la volontà di vivere che diventa volontà di potenza sugli altri esseri umani e sulla natura tu la consideri contraria non solo alla pace e al benessere degli altri, ma anche alla pace e al benessere personale, per cui proponi l'opposto di questa volontà di potenza indicando le vite dei vari santi che sono esistiti nel mondo. Va bene, però... Però, in queste vite si può anche leggere l'esercizio di una eccezionale volontà di potenza su se stessi, fino alla rinuncia totale ai piaceri della vita, fossero pure non lesivi di nulla e di nessuno, nemmeno di se stessi. Quando Buddha aveva proposto la via del giusto mezzo, dopo che era quasi morto di fame nell'esercizio del digiuno estremo, non aveva trovato una vivibile volontà di vivere?


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