sabato 15 giugno 2013

Alle prime luci dell'alba

Quasi le dieci di sera, la via trafficata, il marciapiedi ampio, la pensilina con le persone ad aspettare l'autobus. Il cane si era fermato, come fa spesso la sera, e stava attento guardando lontano, poi invece si era affacciato di lato, all'apertura di un cancello inesistente di uno dei tanti palazzoni seriali.
Mi ha guardato ed è tornato a indicare lì dentro. Ho guardato anch'io. C'era un piccolo uccello che si muoveva a terra con un'ala semiaperta. Ho tenuto il cane, ma non ce n'era bisogno, non aveva nessuna intenzione di aggredirlo. Restavo lì, a trattenere me, il guinzaglio lo tiravo a me, via di lì, ma restavo - tiravo il guinzaglio del tempo, del mondo, che tutto, tutti, si fermassero, a occuparsi del destino di quel piccolo essere che si trascinava nella semioscurità verso il nulla, e mi togliessero quella minuscola immensa responsabilità improvvisamente apparsa dal sempre dei giorni.
Dal palazzo usciva un uomo pesante con un sacco di spazzatura in mano, veniva verso il cancello.  Guardava me e il cane e andava sul piccolo uccello a terra.  
"Attento!" gli ho detto indicando. Non capiva, un altro passo e lo avrebbe calpestato. 
"Stia attento!" ho quasi gridato, e allora si è fermato e ha guardato. 
"Ah! Una rondine." 
"Una rondine?" 
"Sì, sì, una rondine. Quando cadono dal nido la madre non li raccoglie." 
Mi ha guardato e ha fatto un rapido cenno di rassegnazione, poi mi è passato di lato andando verso i secchioni della spazzatura. 
Ho tirato forte il guinzaglio, il mio, e mi sono allontanato da lì, insieme all'uomo pesante, insieme al resto del mondo, insieme alla madre che non raccoglieva quel piccolo caduto. Il guinzaglio del cane era lento, mi stava al fianco pensoso, il mio quasi mi strozzava. Il mondo, altro che guinzaglio, proseguiva per il suo corso imperturbato, indifferente, nessuno si era accorto di niente, la luna forse ma non la vedevo, l'autobus arrivava alla fermata, gente scendeva e saliva. 
Ho fatto, pesante - io, non quell'uomo che s'era allontanato leggerissimo: io avevo un'improvvisa montagna sulle spalle di quel marciapiedi e ogni passo era una terribile fatica nel raro ossigeno d'eccessiva altitudine - ho fatto una decina di passi, poi mi sono fermato, la luce s'è spenta, addio monti sorgenti dai marciapiedi - rapido, verso il piccolo di rondine, mi sono affacciato al cancello, non lo vedevo, sono entrato. Si era nascosto lì accanto - a me, all'uomo della spazzatura, non certo ai tanti gatti - lo ho raccolto con una mano mentre con l'altra tenevo il cane, me lo sono appoggiato al petto tenendolo con la mano a conchiglia. Il piccolo di rondine mi ha guardato, si è arrampicato un poco sulla camicia, poi ha spalancato la bocca due o tre volte.

Ora telefonerò alla LIPU. Questa notte non mangiava, beveva soltanto quando gli facevo poggiare il becco sull'acqua di un cucchiaino. Alle prime luci dell'alba, invece, ha mangiato subito i frustoli di carne cruda che gli porgevo, e ha bevuto dal filo d'acqua del rubinetto.


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