domenica 26 maggio 2013

Quando la morte esiste



Negli strati più profondi della nostra psiche, dunque, secondo Matte Blanco, uno psicoanalista che riformulò a modo suo le cose che aveva detto Freud a proposito dei processi inconsci, il mondo è per noi diverso da quello con cui ci mettiamo in contatto nella nostra vita "normale", da svegli. In quegli strati di noi, dove le distinzioni precise che ci permettono di vivere praticamente vanno perdendosi in insiemi sempre più estesi fino a diventare infiniti per cui tutto è uno e uno è tutto, non esistono inizio e fine, non esistono nascita e morte.

Dire: la morte non esiste, suona strano, certo.
Come? Che fai? Ti tappi gli occhi? Neghi l'evidenza?

Anche ammettendo che solo ad un certo punto della vita noi bambini siamo diventati consapevoli della morte, per cui esiste in noi un qualche ricordo attivo di un prima in cui la morte non esiste, poi però la conoscenza, confermata da fatti a volte drammatici, è indelebile, e cambia tutto.

Dire che la morte non esiste, vivere come se la morte non esistesse, è illusorio, è negazione - al più possiamo accettare questa illusione come una consolazione, una necessaria quota di indifferenza, un modo per continuare a vivere nonostante.

Dire, in modo più circoscritto, che per certi strati psichici di noi la morte non esiste, è ipotizzare qualcosa di probabile, per cui, se così è, possiamo contare su una parte antica di noi a supporto della nostra decisione di negare quanto basta la morte per continuare a vivere. Cioè, da adulto mi dico: qui meglio evitare quanto basta, se no ci rimetto le penne, non ce la faccio a sopportare la morte - la morte non esiste, allora dico sapendo di mentire, e mi faccio aiutare da parti antiche di me bambino che non avevano ancora conosciuto la morte, ad esse chiedo rifugio momentaneo.

Per quanto va scrivendo Schopenhauer, ci sarebbe di meglio.
Se a livelli inconsci di noi, potenti proprio in quanto inconsci, vive quella forza vitale che Schopenahuer chiama volontà di vivere, allora la negazione della morte diventa inutile. Non c'è più bisogno di negare la morte, allora, perché la nostra volontà di vivere inconscia è in noi un'onda alta e potentissima - non evita la morte, è talmente forte che in battaglie di cui non siamo consapevoli la vince in rapidi tempi di visione e di lutto, la disarma di ogni suo potere di paralisi e terrore, e la sorpassa verso la vita.



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