martedì 21 maggio 2013

Devi volere


"L'ultima parte della nostra considerazione si annuncia come la più seria, poiché concerne le azioni degli uomini: oggetto che riguarda direttamente ciascuno e non può essere estraneo o indifferente a nessuno" in quanto, scrive Schopenhauer, la natura degli uomini è quella di riportare ogni discorso, ogni analisi, ai suoi effetti pratici, alle azioni che ne conseguono o ne dovrebbero conseguire, anche se non si è prestata attenzione a tutto quello che è stato detto prima, o non lo si è capito.
"Secondo il modo usuale di esprimersi la parte che segue della nostra considerazione si chiamerebbe filosofia pratica. Secondo il mio parere, tuttavia, ogni filosofia è sempre teoretica, essendo per essa essenziale rimanere sempre nell'osservazione, nella ricerca di come stanno le cose, senza comandare. Dirigere l'azione, trasformare il carattere, sono vecchie pretese che dovrebbero essere abbandonate. Trattandosi del valore o del disvalore di un'esistenza, della salvezza o della dannazione, non sono decisivi i discorsi morti bensì l'intima essenza dell'uomo stesso, il demone che lo guida e che non lo ha scelto, ma che lui stesso ha scelto, come dice Platone - il suo carattere intellegibile, come dice Kant. 
La virtù non si insegna così come non si insegna la genialità: per la virtù i concetti sono sterili, sono utilizzabili soltanto come strumenti così come avviene per l'arte. Saremmo sciocchi nell'attenderci che i nostri discorsi morali suscitino uomini virtuosi, nobili e santi, così come saremmo sciocchi nell'attenderci che i nostri discorsi sulla bellezza suscitino poeti, scrittori e musicisti."
Non posso volere che l'altro voglia, scrive Schopenhauer; posso comandare che faccia una cosa, ma non posso comandare che voglia intimamente farla: "Deve volere! - è come dire: un ferro di legno." 

(A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione)


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