sabato 23 marzo 2013

Un forzato, momentaneo volere o non volere


Noi conosciamo il nostro corpo in due modi diversi, scrive Schopenhauer:
- come OGGETTO materiale tra altri oggetti materiali (il mondo intorno a noi che percepiamo e del quale abbiamo perciò una rappresentazione, così come abbiamo una rappresentazione del nostro corpo; lo vediamo, lo tocchiamo, lo sentiamo e sappiamo che è soggetto alle forze fisiche come qualsiasi altro corpo, qualsiasi altro oggetto materiale) e
- come RELAZIONE con il corpo materiale che siamo, molto diversa dalla relazione che abbiamo con qualsiasi altro corpo, qualsiasi altro oggetto: in questa relazione con noi stessi, in questo sentirci, questo sentire il nostro corpo essere, vivere, muoversi, agire, fare, abbiamo esperienza diretta di qualcosa, che egli chiama  volontà.

"Il soggetto conoscente è individuo appunto in virtù di questa particolare relazione con quell'unico corpo che, considerato al di fuori di essa, è per lui soltanto una rappresentazione uguale a tutte le altre. Quella relazione però, in forza della quale il soggetto conoscente è INDIVIDUO, è proprio per questo soltanto fra lui ed una sola fra tutte le sue rappresentazioni, perciò egli è cosciente soltanto di questa non semplicemente come di una rappresentazione, ma al tempo stesso in tutt'altro modo, cioè come di una volontà." (p 128)

Questa doppia conoscenza che noi abbiamo del nostro corpo ci fornisce, su di noi in noi stessi, cioè - oltre la rappresentazione oggettiva che abbiamo di noi stessi - sul nostro muoverci e agire come pure sulle nostre sensazioni di piacere o di dolore "quella spiegazione che noi non abbiamo direttamente sull'essenza, sull'azione e sulla passività di tutti gli altri oggetti reali." (p 128)

Insomma, nella relazione con me stesso corpo posso conoscere qualcosa che non posso conoscere direttamente per nessun altro corpo-oggetto-rappresentazione del mondo: posso conoscere me in-me, ma di nessun altro corpo, di nessuna altra realtà posso conoscere l'in-sé di quella realtà.
La "cosa in sé" di ogni realtà che non sia me stesso non la posso conoscere direttamente; la "cosa in sé" di me stesso, sì. Schopenhauer, questa "cosa in sé" di ognuno di noi, che per ciascuno è "l'immediatamente conosciuto", la chiama VOLONTA'.

Volontà che lui intende in modo non identificabile con il significato comune di questa parola.
Ogni vero atto della nostra volontà, scrive Schopenhauer, è "subito ed inevitabilmente" anche un movimento del nostro corpo; non possiamo "realmente volere l'atto senza percepire contemporaneamente che esso si presenta come un movimento del corpo. L'atto di volontà e l'azione del corpo non sono due stati diversi conosciuti obiettivamente, connessi dal vincolo della causalità; non sono in rapporto di causa ed effetto, ma sono una stessa identica cosa data in due modi totalmente diversi: da una parte in modo del tutto immediato, dall'altra nell'intuizione per l'intelletto." (p 124) (Intuizioni per l'intelletto per Schopenhauer sono anche tutte le rappresentazioni di realtà del mondo che ci circonda.)

"E' soltanto nella riflessione che volere e fare sono diversi; nella realtà essi sono una sola cosa. Ogni atto della volontà vero, autentico, immediato è subito e direttamente anche atto fenomenico del corpo, e ogni influsso sul corpo è subito e direttamente anche influsso sulla volontà e, come tale, si chiama dolore se è avverso alla volontà, benessere e voluttà se è ad essa conforme. Dolore e piacere non sono affatto rappresentazioni, bensì affezioni immediate della volontà nel suo fenomeno, il corpo, e un forzato, momentaneo volere o non volere l'impressione che esso subisce." (p 125)
Insomma, mentre la conoscenza del mondo non va oltre la possibilità che abbiamo di rappresentarcelo secondo le nostre modalità biologiche di funzionamento sensoriale, nella relazione con il nostro stesso essere mondo scopriamo qualcosa che può essere prezioso per andare oltre la rappresentazione di ciò che è.
"Dall'esterno non è mai possibile giungere all'essenza delle cose: per quanto si ricerchi, non si ricava nient'altro che immagini e nomi. Si è simili ad uno che gira intorno ad un castello cercando invano un ingresso e facendo intanto un abbozzo delle facciate: ed è effettivamente questa la strada percorsa da tutti i filosofi venuti prima di me." (p 123)


(Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, N.C. 2011)


Nessun commento:

Posta un commento